venerdì 13 giugno 2008

Scarti.. per Incursioni in città

L’essere umano da sempre lotta per la conquista dello spazio, ricavandosi nicchie per la propria sopravvivenza o cercando di appropriarsi di sconfinate zone per dimostrare ed esercitare la sua potenza e grandezza. Un desiderio naturale quindi, quello di possedere un proprio luogo, ma che ha subíto nel tempo radicali trasformazioni.
Lo spazio, concetto primitivo difficile da definire, ha mutato le sue caratteristiche e di conseguenza l’essere umano il suo rapporto con esso: da nomade alla ricerca di risorse e fonti di vita, l’uomo ri-diventa mobile per una sua impossibilità o incapacità di stabilire relazioni durature con i luoghi e gli oggetti. In questo preciso momento storico infatti gli uomini vivono con leggi dettate da precarietà assoluta che solo in prima istanza riguarda l’aspetto lavorativo: il quotidiano infatti è pervaso da questa condizione, l’instabilità influenza il modus vivendi delle attuali generazioni e probabilmente ancor più delle future. Il senso stesso di proprietà oggi diventa labile, l’attaccamento agli oggetti cambia prospettiva: con desideri continuamente sollecitati, soddisfatti e di nuovo sollecitati, tendiamo alla provvisorietà dell’esigenze e abbiamo continuamente bisogno di cambiamento e stimoli.
Sul livello macro-sociale si riflettono gli stessi mutamenti delle trasformazioni individuali: gli assetti urbani evolvono rapidamente, sottraendosi al nostro controllo. Così, mentre i centri storici non vengono vissuti per diventare musei a cielo aperto, le strade si riempiono di baraccopoli, senza tetto e i piani regolatori sono disattesi da crescite disordinate e dalla dispersione di eccessive quantità di rifiuti. Al contempo, l’epoca post-moderna ha generato i nonluoghi, spazi che non permettono lo sviluppo di identità individuali, che non permettono l’intessersi di relazioni interpersonali e caratterizzati dalla circolazione accelerata. Milioni di individualità si incrociano senza entrare in relazione e le differenze culturali vengono massificate in un melting-pot che soffoca il ruolo personale e alimenta l’omogeneizzazione. Le persone transitano nei luoghi ma nessuno vi abita.
Ma lo spazio è nostro e dobbiamo riprendercelo, accogliere e comprendere la mobilità senza segregazioni o isolamenti. Per uscire dall’anonimato, dagli stereotipi e dalla disindividualizzazione proponiamo un recupero della propria identità attraverso la riconquista degli spazi, anche in risposta al desiderio di movimento.

http://www.amatmarche.net/index.php/ANCONA-PRIMAVERASCENA.html

2 commenti:

Steffl00 ha detto...

giuro che ho faticato a legger il post. lo sapevo io che sarebbe stata una sfida impari: scrivi di più meglio e di argomenti decisamente più profondi,interessanti e che riguardano la 'non sfera privata'. assunto che la partita è persa mi permetto di esprimere il mio disaccordo sul concetto di fondo. non sono convinto che il nostro popolo, quello italiano, viva l'attuale precarietà lavorativa (e sociale) oltre al senso di instabilità che ne deriva. al contrario credo che tale instabilità sia amplificata dal forte senso di proprietà a cui da sempre siamo legati. non è quindi il senso di proprietà che viene intaccato quanto piuttosto l'impossibilità di reiterarlo. sottile differenza che cambia la prospettiva in cui leggere anche tutto la mancanza ed il mutamento di significato degli spazi: alcuni spazi che si svuotano che vengono riempiti, per forza di cose, dalle istituzioni e disprezzati da coloro che non si sentono 'tutelati' dalle stesse; altri spazi, i non luoghi, che si creano e si autogenerano come oggetto del culto, della modernità e dove manifestare in modo semplice e rapido l'affermazione economica dell'individuo.

la creazione delle baraccopoli, la crescita disordinata e la dispersione eccessiva di rifiuti mi fanno invece pensare ad una altra tesi: la perdita del senso di proprietà non è forse più di tutto legata alla mobilità nello spazio e nel tempo (breve) a cui è costretto l'essere umano che rende tutto un 'non luogo' ed il vero luogo diventa quello fruibile velocemente? in questo senso perde di significato la cura del proprio spazio, dello spazio circostante che non è più identificato come la propria terra e la 'terra su cui viviamo' ma tutto come un non luogo da non vivere e consumare il più velocemente possibile.

o forse non ho capito quello che hai scritto?

forse è meglio se vado a correre e ci penso su.
;-)

Unknown ha detto...

Caro Stè,
mi fa piacere parlarne quando vuoi..
quello che mi preme è che questo non sapere mai cosa sarà di te, ti fa galleggiare, quando sarebbe meglio nuotare!
Comunque non voglio neanche che questo blog diventi un puro esercizio di stile..e toccherò anche la sfera privata..a volte!