Fine estate, estate quasi che sgocciola.
Ci mettiamo in macchina per star dietro agli ultimi raggi di sole. Lo specchietto laterale sinistro non ne vuole sapere di rimanere al suo posto. Alla fine smettiamo di combatterci, tanto gli Appennini sono già alle nostre spalle.
Durante la sosta, il juke box suona i nostri Pink Floyd. Ci guardano tutti.
Abbiamo scelto le meta per caso. Non sappiamo quasi niente, se non che c'è un parco naturale da visitare e che in Toscana c'è molto da bere e da mangiare, come piace a noi.
Il clima è da estate appena iniziata, caldo senza afa.
Acapulco ci pare subito un nome abbastanza esotico per due avventurieri in cerca di pace e benessere. Rimangono solo un paio di camper e una tenda, la nostra, con tanto di verandina per colazione a domicilio.
Da Quechua a spiaggia contiamo 60 passi. Ci abbraccia e ci accoglie l'ultimo sole della giornata, inchinandosi in un tramonto sul mare. Poche persone anche lì e non aspettiamo per tuffarci in quel mare che diventa rosso. Il Tirreno. L'Argentario, l'isola del Giglio di fronte a noi.
Ecco le ricette di questo Dio. Acque cristalline, calette a baie di cui non rivelerò il nome. I pesciolini che mordicchiano le caviglie. Discese ripide fino a piccoli paradisi terrestri. Capannine inventate con i tronchi lasciati in spiaggia da qualche mareggiata, vere e proprie abitazioni per turisti ma soprattutto per la gente del posto. Turisti ormai non ce ne sono più. Un viaggio fortunato questo.
Le reti al sole e i pescherecci in alto mare... direbbe Ivan.
E il mare visto dall'altopiano si incrocia con le acque del fiume che tenta di addolcirlo un po'. Quel fiume, che percorriamo in canoa, ci racconta la storia di quelle terre un tempo paludose, ora gioiellini della natura.
Adesso, che ci fa una nave piegata lì davanti? A che serviva quell'inchino poi?
Doveva essere la meta di una fuga segreta di ogni fine estate. Bistecche e pesci alla griglia, vini di tutti i colori ci avrebbero stordito la sera. Passeggiate tra specie mai viste prima, avventure di sentieri nascosti.
Che ne sarà di tutto questo?
Salvati i passeggeri, che faremo con la carcassa? Che tracce lascerà quel mostro marino?
Chiedi scusa amministratore delegato dei miei stivali, chiedi scusa e non abbandonare il tuo capitano, un colpevole capro espiatorio della tua stessa vanità.
In questi casi nessuno paga mai abbastanza, nè per le vite, nè per il mondo.
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