giovedì 23 luglio 2009
Bella dedica...
"Mi accesi una sigaretta – la terza?, la quarta? – e aprii un po’ il finestrino. Cosa sarà successo?, mi chiedevo, qualcosa dev’essere successo per chiamarmi così, alle quattro del mattino. Di domenica! Sua madre, pensavo, è successo qualcosa a sua madre! Ma lei è sempre contenuta, sempre attenta a non darmi troppo da pensare. Fai presto, aveva detto al telefono, più presto che puoi. Faccio colazione e arrivo, no, aveva detto, ti prego vieni subito. Ma…Subito, subito, ti prego, parti subito o sarà troppo tardi. E così, senza nemmeno sciacquarmi il muso, mi ero vestito e mi ero messo in macchina e mi ero acceso una sigaretta e poi un’altra. Ed ero nervoso, anzi di più: ero agitato preoccupato in apprensione, con tutti i pensieri peggiori del mondo: morte, malattia, incidente eccetera. È vero che lei mi ha detto di non preoccuparmi. Non preoccuparti, mi ha detto, ma questo si dice sempre, specie quando c’è effettivamente di che preoccuparsi. Non ti devi preoccupare è una frase tipica, pensavo guidando il più veloce possibile, una frase che si dice sempre e comunque, ci sia o non ci sia motivo di preoccupazione. Così uno non sa mai se deve preoccuparsi o no, e allora si preoccupa. IO MI PREOCCUPO!, e più mi dicono no, non preoccuparti, non c’è niente di cui preoccuparsi, più io mi preoccupo. Almeno fino a quando non so esattamente di che cosa non mi devo preoccupare. È così, che ci posso fare? Mi accesi un’altra sigaretta – la quarta?, la quinta? – e diedi una profonda boccata. E poi alla Rivella, pensavo, al cimitero della Rivella alle quattro e mezza del mattino, e non dovrei preoccuparmi! Presto presto, aveva detto, prestissimo, o sarà troppo tardi. Troppo tardi per cosa?, pensavo, cosa cazzo sarà successo? E intanto seconda, terza, ancora seconda, poi terza e su per la collina verso il cimitero. Prestoprestissimo fino in cima alla collina. Fortuna che a quest’ora non c’è traffico, pensavo. Arriverò in tempo, non lo so per cosa, ma arriverò in tempo. Ecco, sono arrivato. Parcheggiai. Scesi. Mi avvicinai a lei. Mi stava aspettando sul piazzale davanti al cimitero, seduta su una panchina. Mi girava le spalle. La chiamai. Non si voltò. Traversai la strada, senza guardare. Mi sedetti vicino a lei. Mi guardò un attimo, ma girò subito la testa e riprese a guardare dritto davanti a sé. Sono qui, eccomi. Mi prese la mano e fece un cenno col capo. Il cenno voleva dire: GUARDA. Girai la testa e guardai verso est, giù verso la pianura, dove guardava lei. Vidi un’alba bellissima."
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2 commenti:
Bella, piccola..creatura.
Per ogni azione ne corrisponde una
uguale e contraria, e quindi occorre
una controdedica.
"...e mi dai sete vento e inferno nelle
vene te lo voglio far sapere
dov'è il tesoro di questa nave
te lo voglio far sognare il mio tesoro..."
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