Il capo ritto, avvolto in un fazzoletto multicolore, oscilla davanti a me sobbalzando ad ogni buca colpevole di rallentare il viaggio sulla polverosa strada per Antananarivo.
La mano si accarezza la nuca.
Quella mano d’ebano, lucida da sembrar bagnata, solcata da crocevia di parabole cutanee, mi racconta gli anni, le fatiche, le gioie, le esperienze di una sconosciuta africana. La vita depositata tra i solchi del dorso delle sue dita, sembra riposare in quel momento, cicatrizzando il trascorso dell’anziana.
Si porta dietro la calma, quella pacatezza dei vecchi che non hanno più la fretta del futuro.
La donna, ignara della mia indiscreta immaginazione che fantastica sulle superfici che quella mano può aver sfiorato, accarezzato, percosso, aspetta solo la sua fermata.
Non c’è niente di reale nei miei pensieri, ma lei è semplicemente vera.
La mano si accarezza la nuca.
Quella mano d’ebano, lucida da sembrar bagnata, solcata da crocevia di parabole cutanee, mi racconta gli anni, le fatiche, le gioie, le esperienze di una sconosciuta africana. La vita depositata tra i solchi del dorso delle sue dita, sembra riposare in quel momento, cicatrizzando il trascorso dell’anziana.
Si porta dietro la calma, quella pacatezza dei vecchi che non hanno più la fretta del futuro.
La donna, ignara della mia indiscreta immaginazione che fantastica sulle superfici che quella mano può aver sfiorato, accarezzato, percosso, aspetta solo la sua fermata.
Non c’è niente di reale nei miei pensieri, ma lei è semplicemente vera.